O
rdine Architetti
Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori
COMMISSIONE CULTURA

Un po’ di storia del concorso
Nei mesi scorsi, si è concluso con la premiazione dei tre progetti vincitori, la segnalazione ad altri tre e la menzione a cinque, il concorso per la riqualificazione di Piazza Mercatale a Prato. La giuria era così composta: Prof. Arch. A. Branzi, Prof. Arch. F. Burckardt, Prof. Arch. R. Collovà, la sovrintendente Fiorella Facchinetti, l’Arch. L. Cotzia del C.N.A. , F. Vacca del C.N.I. e L’Arch. Paolo Maria Vannucchi del Comune di Prato. Il concorso è previsto abbia due fasi di svolgimento, un concorso di idee e una seconda fase ad inviti,(affidamento di incarico), per arrivare alla realizzazione concreta del concorso, inviti che riguarderanno comunque anche i progettisti vincitori.
Il Concorso ha preso le mosse da una idea maturata nell’ambito della “Commissione pratese” dell’Ordine degli Arch. di Firenze, quando non era ancora stato fondato l’ Ordine a Prato. La “commissione” offrì al Comune di Prato la consulenza per la scrittura del Bando e di tutti gli aspetti tecnico-legali ad esso legati.
Pregevole è stato il materiale fornito ai concorrenti, dai rilievi alle note storiche alle foto e filmati aerei. Attenta e disponibile è stata l’assistenza fornita ai concorrenti da parte dei colleghi interni alla P.A. e in particolare dell’arch. Piantini, coordinatore del concorso per la P.A.
Lodevolissimo è stato comunque il ruolo dell’Amministrazione Comunale per aver, finalmente bandito un concorso di idee per un’opera pubblica, dopo non so quanti anni.
Lodevolissima è l’iniziativa di un concorso di idee, se confrontata con l’eccessivo pragmatismo dei concorsi a curriculum, dove a prevalere non è il progetto ma il fatturato dello studio, la presenza nel gruppo di un giovane lo sconto proposto e altre simili amene “qualità”.
Quindi finalmente un concorso per potersi confrontare sull’architettura e sul destino della città. Un concorso per valutare non solo economicamente ma visivamente le trasformazioni possibili, dove a prevalere, si spera, sia sempre, la sapienza il garbo, l’impegno, l’amore per il mestiere e per quel luogo straordinario che è la città.
Quindi aldilà dei risultati del concorso, certo numericamente soddisfacente104 i progetti presentati, un grazie va detto agli amministratori e agli organizzatori del concorso.
Ma veniamo all’oggetto del concorso alla piazza e alla sua storia e alle soluzioni vincenti segnalate e menzionate e ad alcuni progetti esclusi, meritevoli, secondo me, forse di maggiore attenzione da parte della commissione.

La Piazza Mercatale, un po’ di storia.
La piazza le cui prime notizie risalgono al 1153, per chi non la conoscesse e vastissima.
La piazza è così vasta che ci si può chiedere, ignorandone la storia, come mai nessuno ha pensato di costruirci nel mezzo.
“Giovanni Miniati, cavaliere di S. Stefano, e devoto cortigiano dei Medici, scrivendo sul declinare del Cinquecento, elogiava <<Fra le grandissime Grande la piazza del Mercatale perché vi si fa il mercato e la fiera… adorna attorno attorno di logge, portici e botteghe, qualche chiesa, conventi e case assai, e ragionevoli … piazza certo degna di esser veduta da ogni galant’huomo>> (Narrazione e disegno della terra, cit., pp. 39-40)”.
Questa vastità dunque agli occhi di un intellettuale del Cinquecento non sembrava inadeguata ma anzi degna di elogio. Certo non solo per la “praticità” del suo ruolo urbano e per le funzioni che in essa si svolgevano , atta com’è ad accogliere grandi folle e manifestazioni, ma anche per il ruolo simbolico per la forte identità che restituiva alla città di Prato, certo all’epoca non tra le maggiori della toscana. E forse anche, per quella commistione di popolare e aulico che si respira passeggiando per la piazza, che, sembra esistere da sempre e che è alla base della seduzione che avvolge chiunque ancora oggi la visiti. Non una piazza del potere, né piazza della “Signoria”, né piazza del Duomo, ma potremmo dire meglio, piazza della città, perché in essa sembrano espresse tutte le istanze della città.
Non può quindi definirsi una piazza monumentale nel senso usuale del termine. Su di essa non prospettano edifici di particolare pregio artistico, certo alcuni edifici il palazzo Gini del settecento le “Case nove” del seicento, sono edifici di una certa serena bellezza. Le case nove in realtà non sono che case popolari, certo a farne di così oggi , quali splendide periferie avremmo. Una piazza non monumentale quindi ma sicuramente un monumentale spazio, per la sua dimensione, la memoria, l’uso, l’identità forte che restituisce alla città. Un monumento orizzontale, lo definirei, nato dal crogiuolo colmo di natura e storia, della fatica delle generazioni l’hanno custodita e preservata nella sua immensità. Ma permettetemi, a questo punto, un’altra citazione, una descrizione della piazza della fine dell’ottocento che condivido pienamente. <<Prato non è incline alle grandi piazze, e ne ha pochissime, ma la sua maggiore, piazza Mercatale, o come comunemente viene chiamata, il Mercatale, ha una bellezza unica e struggente. Anzi, non è una piazza, il Mercatale, ma il cuore largo, antico e solenne della città. Più volte, nella sua storia millenaria, ha cambiato volto non spirito. Vi si respira ancor oggi un che di smisurato e insieme solennemente domestico che rincuora i pratesi che vi passano o vi sostano. Quello spazio di quinte ineguali eppure armoniose, quel prato, quel cielo, l’ovale dei pilastri e delle panchine, quel plebeo apparente disordine, sono stemma di una città senza retorica, che ha vissuto con pienezza il quotidiano.>> (Giuseppe Meoni, cit. pag. 246, Dizionario di Prato)
E’ interessante, lo ripeto, riflettere sul fatto che uno spazio così vasto abbia attraversato i secoli senza che qualcuno abbia pensato di occuparlo, di costruirci sopra. Anche perché è’ molto raro trovare, almeno fino all’Ottocento, e ai grandi sventramenti che lo caratterizzano, spazi di questa dimensione.
Lo spazio piazza consolidatosi almeno in Italia è decisamente più ridotto, basta anche semplicemente rifarsi alle dimensioni delle altre piazze presenti a Prato o a quelle della vicina Firenze o delle altre città Toscane.
Anche l’urbanistica Barocca con la costruzione delle “Case Nove” esalta la vastità della piazza realizzando il fondale a quel naturale “cono visivo” che si realizza ponendosi nel fondo opposto.
La vista da questa posizione fa si che accentuino le dimensioni dell’edificio, che diventa così un vero e proprio monumento, anche se ad abitarlo non ci sono né “funzioni” né persone di rango, ma l’umile popolo di Prato. Le “Case Nove” riassumono quell’aulico e quel popolare che sono l’anima della piazza. Nel corso della lunga storia della piazza le uniche costruzioni realizzate nell’invaso sono stati i tiratoi del 1529 e gli alberi (stante la legittima considerazione che anche il “verde” sia elemento costruttivo dello spazio al pari degli edifici) piantumati nel 1926 nell’ovale posto a ridosso delle case nove, trasformato così da semplice prato in giardino all’italiana. Operazione questa nata con la lodevole intenzione di dare frescura al popolo non provvisto di quegli splendidi giardini privati, che ornano le corti di molti antichi palazzi pratesi.
Della vastità e della sua necessaria permanenza lo stesso architetto Giuseppe Valentini nel 1817, sembra convincersi demolendo con il suo progetto gli antichi tiratoi che avevano diviso lo spazio in due, ridandogli quell’antica identità perduta. E sono sicuramente condivisibili le parole del Prof. Arch. G. Centauro (Coordinatore dei Materiali per il Concorso), che in merito alla realizzazione del giardino nel catalogo della mostra scrive, <<Dal punto di vista del paesaggio urbano tale intervento si dimostrerà assai discutibile, oltre a risultare “fatale” all’effetto scenico della piazza per la crescita eccessiva delle varie essenze.>> Tutto ciò che potesse nascondere, celare le sovrapposizioni le trasformazioni coerenti con l’antica natura dello spazio (un’isola nel fiume, faticosamente sottratta all’acqua) e forse il motivo, per questo permanente rispetto, della sua sgombra vastità. Le case, curiosamente, sul lato del centro, sembrano arretrarsi, e inchinarsi di fronte all’invaso, disponendosi a semicerchio, come si fa di fronte al dotto che parla.
Della situazione attuale si può soltanto dire che aldilà del vivace uso che la gioventù pratese ne fa la sera dando anima e vita al luogo, lo spazio è negato, occupato dall’ampio parcheggio e dall’ampio giardino, che funge più che altro da spartitraffico, i bar non distendono i loro tavolini sulla piazza, solo pochi “fortunati” lo fanno, assediati dalle lamiere e dai fumi delle auto in continuo andirivieni. Quindi a dirla come il Prof. Andrea Branzi << Una grande Piazza, che come tutte le grandi e piccole piazze italiane, sono luoghi difficili da modificare>>. Ma veniamo alle risposte dei progettisti vincitori.

I progetti “vincitori” (1°-2°- 3)
Tutti i progetti premiati occupano la piazza. Quasi tutti ripropongono alberature nella stessa posizione attuale o che comunque realizzano in diverso modo cortine verdi che schermano parte del recinto edilizio. Quasi tutti spezzano la continuità dello spazio con corpi edilizi che ripropongono la divisione cinquecentesca esistente con gli antichi tiratoi.
Il progetto vincitore, (capogruppo Arch. A. Scarnato), si orienta verso una decisa segmentazione della piazza. Due cortine longitudinali di alberi, segnano il limite oltre il quale vengono sistemate due aree a parcheggio, di cui: una per residenti, prospicente e parallela alla chiesa di S. Bartolomeo; l’altra , presumibilmente per soste temporanee, posta davanti al palazzo Benassai (sede di uffici comunali) e parallela alle cortine di case che recingono la piazza dal lato delle mura e del fiume. Alle cortine di alberi che delimitano le aree a parcheggio si affiancano lunghissime panche, che con la loro “invalicabilità, accentuano il confine e definiscono nettamente un dentro e un fuori, della pazza, o, forse meglio, delineano più piazze nella piazza. Trasversalmente la segmentazione è segnata da un corpo edilizio che ripropone l’antico sedime dei tiratoi cinquecenteschi, dividendo lo spazio in due. Il nuovo corpo edilizio, caratterizzato da una bassa loggia, rende comunque fisicamente comunicanti i due spazi. Vista nel suo complesso la piazza risulta scompartita in quattro ambiti spaziali, di cui due a sviluppo longitudinale (le aree a parcheggio) e dal ruolo spiccatamente funzionale e due più ampi e vasti per attività varie. Di fatto la piazza viene ripensata completamente, ricostruendo in sostanza dei nuovi fronti costituti dagli alberi e dalle panche e quattro “piazze” di dimensione e morfologia diversa. Questa scelta di ri-recintare il recinto della piazza per individuare ambiti spaziali più “misurati”, riporta ad una scala più consueta i singoli spazi risultanti, determinando una nuova leggibilità dei fronti edilizi. Fa eco a questa scelta il coordinatore del concorso Arch. R. Vezzosi che nel catalogo del concorso scrive: << La maggior parte dei progetti conferma che non è un nuovo spazio unitario quello che dovrà sostituire la singolarità della piazza, bensì più realisticamente, uno spazio concepito per la pluralità. >>. La volontà di mantenere il parcheggio nella piazza e la segmentazione dello spazio, ha fatto sì che la viabilità interna alla piazza fosse completamente ripensata. Viene riproposto il senso unico alternato sul ponte mercatale e l’ingresso alla piazza da via S. Silvestro è limitato ai soli residenti. Il parcheggio di via Arcivescovo Martini viene riproposto a raso, così com’è attualmente, e collegato alla piazza mediante un percorso che attraverso un varco nelle mura raggiunge, superate le “case nove”, la piazza.
Il secondo classificato (capogruppo Arch. F. Prati),ripropone la divisione attuale in due ambiti spaziali, la parte alberata infittita di nuove essenze e ripensata nella soluzione al suolo, “urbanizzando” gli alberi che nel progetto nascono dalla pavimentazione e non più da un tappeto erboso. Importanti per il progetto sono le relazioni spaziali che si istituiscono tra l’interno dell’invaso e l’esterno oltre il recinto delle antiche mura. Attraverso l’idea di rampa-edificio del centro musicale, che sostituisce la “casa del fascio”, viene indicato un modo per ristabilire un contatto tra il “dentro” e il “fuori urbano”. Il tema viene ampliato attraverso l’ipotesi di recupero del percorso di ronda lungo le mura. Un parcheggio interrato su via Martini, con un corpo fuori terra polifunzionale, risolve il problema dell’eliminazione del parcheggio attuale nella piazza. La nuova viabilità non è del tutto chiarita, mi sembra “risolta”, spostando il traffico di attraversamento a ridosso del centro, forse con un doppio senso, che troverebbe comunque un momento di criticità nel tratto di via S. Silvestro. Infatti sul lato del ponte mercatale la sistemazione di una serie di specchi d’acqua non consente di supporre che usi pedonali.
Il terzo classificato (capogruppo Arch. A. Cianchetta), si concentra su un’ipotesi “orizzontale”, ridisegnando le pavimentazioni e variando di poco i livelli del suolo.
La composizione alterna, aree verdi e aree “minerali”, riproponendo comunque, con un nuovo disegno, una più ampia zona a verde d’alto fusto all’incirca nell’area attuale. La regimentazione del traffico e delle aree di parcheggio non è chiara, alcune immagini del progetto indicano che l’attraversamento non dovrebbe variare, e che sono previsti parcheggi a raso all’interno della piazza.

I segnalati
Il primo dei segnalati (capogruppo Arch. S. Bertocci),ripropone l’antico ovale settecentesco, lascia gli alberi attuali e ripropone sul sedime dei tiratoi un edificio polifunzionale come uscita del parcheggio interrato e funzionale appendice del museo Pecci nel centro città.
Il secondo progetto segnalato (capogruppo Arch. C. Caselli), Propone un edificio ponte, che collega dividendo la piazza in due ambiti, la chiesa di S. Bartolomeo e la “casa del fascio”. L’edificio è pensato come polifunzionale, “demiurgico”, pensato cioè come meccanismo attivo nel processo di modifica del destino e dell’uso della piazza. La sua “moderna” e laconica espressività lo dovrebbe rendere atto a caricarsi di significati via via diversi. Il parcheggio su via Martini viene lasciato a raso e ingrandito fino a lambire il fiume. La piazza viene liberata dalle auto e la circolazione non chiarita nelle tavole di progetto, dovrebbe rimanere invariata.
Il terzo segnalato, (capogruppo Arch. F. Gazzotto), trasforma la piazza in un grande prato verde, con alberi anche da frutta. Le auto corrono lungo il perimetro verde, un parcheggio sotteraneo è previsto su via Martini. La capacità è resa ampia estendendo il parcheggio sotto la sede stradale e lasciando il parcheggio a raso.

I Menzionati
I progetti menzionati propongono soluzioni di maggiore impatto.
Il primo (capogruppo Arch. M. Delli Paoli), propone una piazza ipogea, articolata in vari spazi e varie cavità con diverso destino funzionale. Rampe e scalinate collegano i vari livelli posti a quote diverse. Un ponte pedonale ripristina il collegamento tra le due “sponde” dell’antico livello urbano scavalcando il laghetto creato a un livello sottostante. Il traffico è confinato nella parte nord eliminando l’attuale percorribilità anulare. Un parcheggio interrato è previsto su via Martini.
Il secondo tra i menzionati (capogruppo Ing. A. Lohrer) propone un’architettura verde che formando, una “L” segue il profilo arcuato della piazza e corre parallelo al sedime delle “case nove”. Sul lato della porta mercatale una piccola loggia “tange” il percorso che da via Garibaldi attraversa la piazza e arriva alla porte ed al ponte sul fiume. L’assetto del traffico viene modificato proponendo una ZTL. Il parcheggio nella piazza viene limitato a 120 auto e il parcheggio attuale di via Martini viene trasformato in sotterraneo e la superficie alberata continua ad ospitare il parcheggio a raso.
Il progetto (capogruppo M. Mattei) opera su un’articolata variazione di livelli, scavando e raccordando le pendenze anche per raggiungere discrete profondità, proponendo quindi aree parzialmente ipogee di cui: una a prato, una con uno specchio d’acqua, una lastricata e una con un giardino alberato. Quest’ultima non sembra, vista la profondità di spiccato degli alberi, schermare gli edifici circostanti. Al di sotto di tutto c’è il parcheggio sotterraneo. La casa del fascio viene demolita e lascia il posto ad un nuovo edificio che si raccorda all’antico piano urbano con una “rampa” parallela alle case nove che permette di raggiungere il tetto-giardino panoramico, che scavalca visivamente le mura e si collega al bastione delle forche. Un ponte pedonale scavalca lo specchio d’acqua collegando le due sponde rimaste inalterate, allo stesso livello attuale.
Il progetto (capogruppo B. Tagliabue), libera completamente la piazza, la arreda con un peachwork di pavimentazioni e con variazioni leggere di livello. Propone un parcheggio a “lato” del mercatale e lascia inalterata la percorribilità automobilistica della piazza.
Il progetto (capogruppo P. Sacco) fonda la sua operazione sulla realizzazione di un attraversamento sotterraneo della piazza che permetta di liberare l’invaso dal traffico.
Elimina il giardino e propone variazioni leggere dei livelli, uno specchio d’acqua e un peachwork di pavimentazioni definiscono l’aspetto decorativo del progetto. I problemi di parcheggio sono risolti realizzando un parcheggio interrato su via Martini.
Il progetto (capogruppo C.T. Di Francia), libera la piazza dalle alberature e la occupa con una struttura lineare, una quinta tecnologica, che si allunga per quasi tutta la piazza parallelamente alle mura ed alle case. Un gioco di livelli collega il piano attuale della piazza con il parcheggio interrato ad un piano che occupa tutta la superficie dell’invaso. Inverte l’asse di lettura dello spazio realizzando una sorta di scena fronte modernista con di fronte una cavea costituita dall’incurvarsi delle abitazioni sul lato del centro cittadino. Elimina la percorribilità anulare della piazza, ma ne mantiene l’attraversabilità. Sistema un altro parcheggio sotterraneo in via Martini.



Architetto Luigi Zola